Il Ponte della Rinascita

Insieme al Ponte di Genova rinasca l’Italia

Alle 11,36 del 14 agosto 2018 tutto il mondo ha guardato impressionato il ponte di Genova che crollava. I piloni che cedevano, la macchina ferma sul ciglio delle macerie, i 43 morti, la paura, le polemiche, la rabbia. Il ponte Morandi, in quel momento, non è sembrato solo una infrastruttura in macerie. Era il simbolo della decadenza e del crollo di una vecchia Italia dove per troppi decenni si è preferito tagliare nastri di nuove opere piuttosto che aver cura di quelle esistenti. Dove si è preferito distruggere la maglia appena comprata per acquistarne una nuova invece di pazientemente rammendarla. Dove si annunciavano lavori per centinaia di miliardi di euro salvo poi impantanarli e bloccarli nelle beghe politiche e nelle inchieste giudiziarie. Dove tra l’inizio di un’opera e la sua realizzazione passavano incredibilmente 15 anni. Dove un ceto politico senza senso dello Stato, più preoccupato di apparire che di realizzare, più di parlare in favore di telecamera che di fare, prima ha appesantito la legislazione sugli appalti di miriadi di norme dopo l’ennesimo scandalo per mazzette e gare truccate, poi, periodicamente, in modo schizofrenico, ne ha consentito la deroga quasi totale per riattivare un mercato delle costruzioni ormai al collasso.
Prima, insieme alla Grecia, alla Spagna e al Portogallo, abbiamo costruito il sistema normativo sugli appalti più inutilmente complicato d’Europa, poi siamo andati a Bruxelles con il cappello in mano per avere l’autorizzazione a smontarlo pezzo dopo pezzo.

Il miglior modo per commemorare, oggi, le 43 vittime innocenti che hanno lasciato la vita sul ponte Morandi due anni fa, è quello di dire addio, insieme alle macerie del vecchio ponte, anche a questa vecchia Italia sciatta, approssimativa, magari geniale, ma litigiosa, furba, irresponsabile.
E fare spazio ad una Italia nuova, le cui luci si possono accendere insieme al nuovo ponte di Genova, illuminato con il tricolore, così maestoso, con il suo impalcato in acciaio lungo più di un km, con le sue 18 pile e le sue 19 campate, costruito in un solo anno grazie alla progettazione ed alle capacità realizzative delle migliori imprese italiane.
A proposito del nuovo Ponte si è parlato di “miracolo di Genova”. Ma è innanzitutto il miracolo della buona volontà, che non deve però attendere ogni volta l’incidente grave e mortale per trovare spazio nel nostro Paese. Il “miracolo” di Genova, con un po’ di buona volontà, potrebbe ripetersi ogni giorno.

 

Renzo Piano con la squadra che ha costruito il ponte

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il progetto del Ponte di Genova è stato donato dall’architetto Renzo Piano, considerato un’eccellenza mondiale. Quindi ha valorizzato la solidarietà (il dono) e la competenza (di Renzo Piano). Ha visto in campo Italferr, Fincantieri e WeBuild (già Salini Impregilo), quindi tre eccellenze italiane note a livello internazionale (valorizzando quindi capacità, competenza e merito) ed ANAS, responsabile dell’impegnativo collaudo. Ha visto il mondo politico locale e nazionale per una volta compatto nel costruire ed approvare velocemente una normativa ad hoc semplice ed efficace che ha fatto da cornice alla realizzazione. Una normativa nuova: attenta alla realizzazione dell’opera con la massima qualità e nel minor tempo, non alla partecipazione all’appalto di qualsiasi impresa, anche se non affidabile. Una normativa che ha accompagnato il lavoro quotidiano e faticoso di centinaia di tecnici e operai, che non si sono risparmiati un giorno, nonostante la pandemia ed in qualsiasi condizione climatica, pur di ottenere l’obiettivo, pur di consentire ai genovesi di riavere il loro ponte, il collegamento, la libertà di movimento.

Il nuovo Ponte in costruzione

Il nuovo Ponte è quindi innanzitutto il miracolo quotidiano del lavoro ben fatto, dello studio delle migliori tecniche costruttive, dell’attenzione all’altro. E’ un monumento alla nobiltà del lavoro, alla dignità del lavoro, alla genialità espressa nel lavoro. Non tutti sanno che nel nuovo Ponte di Genova l’ingegneria civile si è sposata con l’alta tecnologia: sensori e sistemi di controllo e di sicurezza, integrati nell’infrastruttura, consentiranno di monitorare negli anni a venire fisiologici fenomeni di usura ed eventuali impatti di eventi straordinari consentendo di programmare a regola d’arte la manutenzione. Di tutto questo è capace l’Italia. Ma il sacrificio delle 43 vittime del 14 agosto di due anni fa, che permane vivo nel dolore inconsolabile dei parenti, acquisterà un nuovo senso solo se il “miracolo” della ricostruzione realizzato dopo l’incidente diventerà il nostro dovere quotidiano, quando le luci tricolori che oggi colorano il nuovo ponte, i riflettori e le telecamere saranno spente ed ognuno sarà chiamato a fare il proprio lavoro, il proprio duro, nobile e prezioso lavoro, solo di fronte a se stesso, solo di fronte alla sua coscienza.

 

Domenico Crocco*

La Gazzetta del Mezzogiorno 3 Aprile 2020

 

 

 

*Domenico Crocco, primo delegato PIARC Italia e Dirigente Anas S.p.A.